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L’Oltrepò Pavese

L’Oltrepò Pavese è la punta più meridionale
della Lombardia, in provincia di Pavia, che si estende per 1.089 kmq e confina con Piemonte, Emilia e Liguria.

Ha la forma approssimativa di un triangolo, o di un grappolo d’uva: il lato maggiore è costituito dalla riva destra del Po e il vertice, racchiuso fra le province di Alessandria e Piacenza, s’incunea fino all’Appennino ligure-emiliano. Il territorio è formato da 4 valli principali che si aprono a ventaglio sulla breve fascia pianeggiante che accompagna il fiume Po.

Il Territorio

Il profilo è collinare, con ripidi versanti che salgono fino ai 1.700 metri s.l.m. del primo Appennino e dorsali più arrotondate nell’area orientale verso il Piacentino.
Le colline dell’Oltrepò offrono un continuum paesaggistico di grande attrattiva e rappresentano la terza area italiana più estesa per superficie investita quasi completamente a vite e con produzioni prevalentemente a denominazione. La varietà del territorio, la vicinanza del mare e la presenza di fiumi e torrenti influisce sul clima, mite e temperato, con ottime escursioni tra notte e giorno soprattutto nel periodo estivo.
Il territorio è attraversato dal 45° parallelo Nord, il famoso “parallelo del vino” che percorre le zone più vocate alla viticoltura, come anche il Piemonte, la zona di Bordeaux e l’Oregon.
La vicinanza con la città di Milano, la bellezza della zona collinare e montana costituiscono fattori di potenzialità di grande forza.
L’ambiente offre luoghi di raro incanto, sentieri naturalistici ricchi di tradizioni contadine, ville ottocentesche di ineguagliabile bellezza, colli bordati da vigneti centenari in mezzo ai quali le comunità del passato hanno edificato pievi e chiese dagli alti campanili e castelli che ancora oggi, a distanza di tanti secoli, sembrano ergersi a protettori delle loro valli.

I vitigni dell'Oltrepò

Le aree caratterizzate da argille e limi dei pianalti terrazzati, nonché quelle contraddistinte da marne argillose e marne sabbiose, anche con la presenza minima di inclusi lapidei calcarei, sono vocate per la coltivazione dei vitigni tradizionali a bacca nera, quali Barbera, Croatina e Uva Rara. La presenza, nella rimanente parte del territorio D.O.C., di aree ad “arenarie e conglomerate”, “vena del gesso”, “marne sabbiose”, “marne sabbiose con alta presenza di inclusi lapidei calcarei” rende questi territori ottimali per la coltivazione del Pinot Nero e della maggior parte dei vitigni a bacca bianca. Accanto alla natura del terreno, a favorire l’habitat ottimale per questi vitigni, concorrono anche l’altitudine e un microclima caratterizzato da una forte escursione termica. Infatti, per produrre uve di qualità è fondamentale l’ecosistema viticolo naturale adatto, quale l’interazione ottimale tra clima, terreno e vitigno.
L’Oltrepò Pavese, per la parte collinare inserita nel comprensorio del disciplinare, è da considerarsi una zona viticola ad alta vocazione per le sue caratteristiche pedologiche, territoriali e climatiche, che ben si adattano alla coltivazione della vite.
I vitigni più coltivati sono Croatina (4.000 ettari), Barbera (3.000), Pinot Nero (quasi 3.000), Riesling (1.500), Moscato (500).
Con questi vitigni si copre l’84% dell’intera superficie viticola dell’Oltrepò. Ci sono però altri vitigni che pur essendo meno diffusi dal punto di vista delle superfici, rivestono un ruolo importante per la qualità delle produzioni del territorio: Uva Rara, Vespolina, Pinot Grigio, Chardonnay, Malvasia, Cortese, Sauvignon, Cabernet Sauvignon e Mornasca (o più comunemente Uva di Mornico). La Croatina è alla base del vino Bonarda, rosso tra i più diffusi dell’Oltrepò. Si tratta di un vitigno storico, alla base di ottimi vini vivaci e anche di importanti rossi fermi. Viene coltivato nei comuni della prima fascia collinare. Anche il vitigno Barbera trova terreni ideali per la sua coltivazione nella prima fascia collinare. È alla base dell’omonimo vino Barbera e insieme alla Croatina rientra nell’uvaggio di importanti vini rossi, quali l’Oltrepò Pavese Rosso, il Buttafuoco e il Sangue di Giuda.
I genotipi del Pinot Nero erano già coltivati nella nostra zona dai Romani. Sono diffusi sia i cloni a bassa produzione, adatti per la vinificazione in rosso, sia cloni a produzione più abbondante, adatti per la vinificazione in bianco e per le basi spumante. La produzione di Pinot Nero in Oltrepò rappresenta circa il 75% dell’intera produzione nazionale del vitigno, così come la Croatina rappresenta circa il 70% dell’intera produzione nazionale. La Provincia di Pavia con i quasi 3.000 ettari di Pinot Nero è la prima zona, per estensione, in Italia e una delle zone più importanti a livello mondiale per la produzione di spumanti con 12 milioni di bottiglie annue (di cui 1.5 milioni di spumante Metodo Classico). Analogo primato spetta a livello italiano al Riesling (italico e renano) che ha trovato il territorio ideale in una microzona fatte di piccole valli nei comuni dell’Oltrepò Centrale. La forma di allevamento più diffusa è il Guyot, con una densità media di impianto da 3.000 a 4.000 ceppi per ettaro. Il portainnesto più utilizzato è il 420A, seguono l’SO4 e i Kober.
Pinot e Bonarda, sono i simboli della viticoltura oltrepadana, con un’identità ed una qualità riconosciuta e riconoscibile.

La Storia

Abitato sin dalla Preistoria, l’Oltrepò Pavese ha ospitato tribù di Galli e di Liguri fino alla conquista dei Romani. La storia della viticoltura in Oltrepò va di pari passo con la storia del territorio.

La presenza della vite sulle colline dell’Oltrepò risale ad epoche antichissime, come testimonia il tralcio di vite fossile risalente ai tempi preistorici e conservato presso il Museo archeologico di Casteggio.

È opinione fondata che furono gli Etruschi, nel corso della loro fase espansionistica nel VI a.C., a portare la coltura della vite nella Pianura Padana, con l’introduzione della vitis sativa, cioè dell’allevamento della vite e della viticoltura.

I metodi di coltivazione del tempo erano essenzialmente due: quello di tradizione greca, a ceppo basso e con sostegno morto, e quello dell’influenza etrusca, con potatura lunga e su sostegno vivo.

Attraverso questo sistema di vite a potatura lunga, gli Etruschi valorizzarono e ingentilirono le specie selvatiche locali, operando una selezione dei vitigni.

Una prima testimonianza del vino dell’Oltrepò ci viene dal geografo e storico greco Strabone, passato in Oltrepò attorno al 40 a.C. al seguito delle truppe romane, che così scrisse della zona: “vino buono, popolo ospitale e botti di legno molto grandi”, attribuendo agli artigiani locali l’invenzione della botte di legno.

Altre citazioni sono dello storico Plinio il Vecchio, che scrive di una viticoltura florida nelle località di Clastidium (Casteggio) e Litubium (Retorbido).

La vicinanza con Pavia ha successivamente posto l’Oltrepò in contatto con i Longobardi, che scelsero Pavia come capitale del loro Regno. Durante questo periodo il territorio dell’Oltrepò fu sottoposto ai monaci dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio.

Infatti nell’VIII secolo la Regina Teodolinda concesse alcuni terreni di confine al gruppo di monaci irlandesi erranti guidati da San Colombano. Nasceva così nel territorio oltrepadano il Monastero di Bobbio, il cui “Scriptorium” rappresentò fino al IX secolo il più importante centro di produzione di libri del Nord Italia e di irradiazione culturale in tutta Europa, paragonabile solo a Montecassino.

I monaci irlandesi, che si erano fermati 20 anni in Borgogna, ripristinarono la coltivazione della vite nelle terre oltrepadane devastate dalle scorribande barbariche dopo la caduta dell’Impero.

Nel Medioevo e nell’Età Moderna, in quanto terra di confine e punto nevralgico per il controllo delle vie dei commerci dal mare alla pianura, l’Oltrepò è stato teatro di scontri tra le famiglie nobiliari.

Lo testimoniano i numerosi castelli che punteggiano le colline, tra cui quelli di Zavattarello, di Oramala, di Montecalvo, di Montalto, di Cicognola e molti altri. A metà del ‘700, l’Oltrepò è entrato a far parte del Regno di Sardegna, da cui deriva anche il nome con cui talora è ancora ricordato, di “Antico Piemonte”.

L’Oltrepò vitivinicolo vede la sua nascita commerciale e produttiva nell’800 e nel rinnovamento del mondo vinicolo dopo l’attacco di fillossera che ha portato gravi danni a tutta la viticoltura. Basti pensare che nel 1884 la zona vantava ben 225 vitigni autoctoni, contro la dozzina attualmente presente, tra cui la Moradella e l’Uva di Mornico.

Nel corso dei decenni la vite ha mantenuto il ruolo di coltura principale e già nei primi anni del ‘900 sono stati introdotti i criteri del vigneto specializzato, della razionalizzazione degli impianti e dei cloni, cercando di ottenere una produzione di qualità riconosciuta anche a livello internazionale.

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